La Conquista dell'America 1982 by Todorov

La Conquista dell'America 1982 by Todorov

autore:Todorov
La lingua: ita
Format: azw3, mobi
pubblicato: 2013-02-21T23:00:00+00:00


7. Uno degli acrobati aztechi portati da Cortés alla corte di Carlo V, disegno di C. Weiditz.

Cortés si interessa alla civiltà azteca, e al tempo stesso le resta completamente estraneo. Non è il solo: nello stesso modo si comportano molte persone illuminate del suo tempo. Albrecht Dürer ammira fin dal 1520 le opere degli artigiani indiani inviate da Cortés alla corte reale; ma non gli viene neppure in mente di fare – come artista – qualcosa di simile ad esse; le stesse figure di indiani disegnate da Dürer rimangono del tutto fedeli allo stile europeo. Quegli oggetti esotici saranno ben presto rinchiusi nelle collezioni e ricoperti di polvere; l’«arte indiana» non eserciterà alcuna influenza sull’arte europea del XVI secolo (contrariamente a quanto farà l’«arte negra» nel XX secolo). Per dirla altrimenti: nel migliore dei casi, gli autori spagnoli parlano bene degli indiani, ma – salvo alcune eccezioni – non parlano mai agli indiani. Ma è solo parlando all’altro (non dandogli degli ordini, bensì aprendo un dialogo con lui) che io gli riconosco la qualità di soggetto, paragonabile a quell’altro soggetto che sono io. A questo punto, si potrebbe così precisare la relazione intercorrente fra le parole che formano il titolo di questo capitolo: se il comprendere non si accompagna al pieno riconoscimento dell’altro come soggetto, allora questa comprensione rischia di essere utilizzata ai fini dello sfruttamento, del «prendere»; il sapere risulterà subordinato al potere. Quella che resta ancora oscura è la seconda relazione: perché prendere porta a distruggere? Una distruzione, infatti, vi fu; e, per tentare di rispondere alla domanda, sarà opportuno ricordarne gli elementi principali.

La distruzione degli indiani nel XVI secolo va esaminata da due diversi punti di vista, quantitativo e qualitativo. A quell’epoca, in mancanza di statistiche, il problema del numero degli indiani uccisi poteva essere oggetto di semplici supposizioni, che davano luogo alle risposte più contraddittorie. Gli antichi autori forniscono delle cifre, è vero; ma, in genere, quando un Bernal Díaz o un Las Casas dicono «centomila» o «un milione», si può dubitare che abbiano mai avuto la possibilità di contare, e se quelle cifre significano qualcosa, è qualcosa di molto impreciso: vogliono dire semplicemente «molti». Per questo non sono stati presi molto sul serio i «milioni» di Las Casas, quando – nella Brevísima relación de la destruyción de las Indias – egli cerca di esprimere in una cifra il numero degli indiani scomparsi. Le cose sono, tuttavia, completamente cambiate da quando alcuni storici odierni sono riusciti, con metodi ingegnosi, a stimare con notevole verosimiglianza la popolazione del continente americano alla vigilia della conquista, per confrontarla a quella che vi si trovava cinquanta o cento anni più tardi, secondo i censimenti spagnoli. Nessuna seria contestazione ha potuto essere mossa contro queste cifre, e coloro che ancor oggi continuano a rifiutarle, lo fanno semplicemente perché, se la cosa fosse vera, sarebbe molto urtante. Infatti queste cifre dànno ragione a Las Casas: non perché le sue stime siano attendibili, ma perché le cifre da lui indicate sono del medesimo ordine di grandezza di quelle oggi stabilite.



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